Negli ultimi tempi pare esserci stato un vero e proprio boom dei test di paternità, un esame sempre più richiesto per far luce su un argomento che potrebbe sconvolgere per sempre la vita di una famiglia. Ma come funziona realmente il test di paternità e quando è possibile farlo? In genere, soprattutto negli ultimi anni, a richiederlo sono molti extracomunitari che vogliono il ricongiungimento familiare.
Ma per la maggior parte si tratta di persone o coppie con dubbi sull’origine del figlio. E molto spesso, circa il 20 per cento dei casi, i dubbi di un genitore si sono rilevati fondati, almeno così affermano i laboratori di analisi.
Il test di paternità non è invasivo e viene effettuato tramite un semplice prelievo di sangue per l’analisi del DNA. Le cellule che si vanno a studiare sono quelle estratte dai linfociti del sangue periferico, da cellule presenti nelle urine o anche tramite l’analisi di altri campioni biologici estratti e confrontati da padre a figlio.
Per una spiegazione più tecnica, dobbiamo per prima cosa dire che il DNA è costituito da strutture filamentose, dette cromosomi, distribuite in 23 coppie. Quando un bambino viene concepito, inevitabilmente prenderà parte del patrimonio cromosomico del padre e parte dalla madre nella misura del 50% ciascuno. In effetti, i due gameti si ripristinano riformando le 23 coppie di cromosomi di cui è costituito il DNA.
Fatta questa premessa è facile capire come funziona un test di paternità: se vengono estratti dalla madre e dal figlio dei marker e questi vengono messi a confronto con i marker del presunto padre, si può essere certi se quel bambino è figlio di quell’uomo.
Se 2 o più marker non corrispondono il soggetto non è da ritenersi padre del piccolo. E se ci fossero degli errori nel test? Difficile: l’elevato numero di marker genetici presenti e la loro distribuzione sui loci cromosomici permette di evitare errori e mostrare il risultato del test come affidabile.
L’attendibilità dell’esame è quindi molto elevata, ma comunque non è possibile escludere una minima percentuale di errore che può essere di natura casuale: scambio di campioni o anche la cattiva conservazione degli stessi. Altri agenti di cui tener conto nella possibilità d’errore sono quelli legati ad un’imperfetta valutazione dei campioni che non dipende da personale umano.
Può capitare, infatti, che durante l’analisi alcuni alleli, detti silenti, non vengano tracciati in modo adeguato e che conducano ad un test che esclude la paternità, quando questa, in realtà, può davvero esserci.
Per quanto riguarda il dove e come effettuare il test, sono stati messi in commercio dei kit appositi per la valutazione, ma è sempre bene rivolgersi a centri specializzati che possono tener conto anche della valutazione e presenza di eventuali errori o imprevisti come quelli degli alleli silenti. I costi di un test di paternità sono elevati (circa 600 euro) a causa dell’utilizzo di macchinari ad alto costo presenti presso centri privati o anche Università.