Queste le criticità scaturite dall’Assemblea annuale dell’Ordine, presieduto dal presidente Troncarelli, svoltasi martedì 11 dicembre, a Roma, presso il Centro Congressi Frentani
Sempre meno iscritti alla professione e sempre più territori a rischio idrogeologico. Questo uno dei temi scaturiti dall’Assemblea annuale dei Geologi del Lazio, svoltasi martedì 11 dicembre, a Roma, presso il Centro Congressi Frentani, e dedicata al tema “La professione del Geologo nel Lazio: prevenzione, analisi e soluzioni”.
Numerosi gli esponenti istituzionali ed esperti intervenuti: i presidenti delle commissioni consiliari Lavoro e Ambiente della Regione Lazio, Eleonora Mattia e Valerio Novelli, il responsabile del Servizio Geologico difesa suolo e protezione civile della Città Metropolitana di Roma Capitale, Alessio Argentieri, il presidente del Consiglio nazionale dei Geologi, Francesco Peduto, il presidente dell’Ordine dei Geologi Toscana, Riccardo Martelli, il prorettore per i rapporti culturali con il territorio e per l’ambiente dell’Università “Sapienza” di Roma, Gabriele Scarascia Mugnozza, il presidente EPAP, Stefano Poeta e il presidente Singeop, Guglielmo Emanuele.
Apertura dei lavori dedicata allo “stato di salute” del territorio nazionale e regionale:
Il rapporto Ispra 2018 sul dissesto idrogeologico in Italia – ha esordito il presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio, Roberto Troncarelli – indica il 18,7% del territorio del Lazio con almeno un’area ad alta esposizione al rischio di frane e alluvione.
Un incremento quasi raddoppiato se si pensa che nel 2008, secondo analogo rapporto del Ministero dell’Ambiente, era al 7,6%:
Questi dati, molto preoccupanti, derivano dai Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e dai Piani di Gestione Rischio Alluvioni (PGRA) e sono il risultato in parte di un approfondimento delle conoscenze, in parte della conseguenza dell’aumento di consapevolezza dei sindaci, che li ha indotti – ha aggiunto Troncarelli – a segnalare aree in dissesto per intervenire a mitigare il rischio idrogeologico presente sul territorio.
Anche a livello nazionale la situazione non muta: si è passati dal 9.8% del territorio interessato da dissesto idrogeologico più critico, nel 2008, al 16,6% del 2017. In particolare, sempre nello stesso range temporale, le sole aree a pericolosità di alluvione sono passate dal 4,1% al 12,5% a fronte di finanziamenti di interventi per la mitigazione del rischio idraulico di più di un miliardo di euro.
Cosa fare a livello regionale? Innanzitutto, è improcrastinabile intervenire a livello normativo. Due le soluzioni prioritarie:
La revisione integrale della legge sulla difesa del suolo, la L.R. 53/98, che ad oggi rappresenta un documento di pura programmazione e per nulla al passo con i tempi. E l’aggiornamento dell’inventario dei fenomeni franosi, redatto alla fine degli anni Novanta sulla base di foto aeree, dati di letteratura e qualche sopralluogo. Un inventario – ha proseguito Troncarelli – inadeguato, ma su cui si fonda la pianificazione sia territoriale che di emergenza.
Sul capitolo “Professione geologo” è, invece, la vicepresidente Tiziana Guida a fare il punto:
Siamo il paese europeo con la più alta esposizione dei territori ai rischi geologici, eppure la nostra professione è sempre meno appetibile. In tutta Italia le iscrizioni per conseguire la laurea in geologia sono in continuo calo e ciò si riflette sul numero degli iscritti all’Albo professionale dei geologi, anch’esso in forte diminuzione.
I lavori della seconda parte dell’Assemblea si sono poi concentrati sul contesto regionale. Tutte le province del Lazio sono state rappresentate in assise dai professionisti locali, i quali hanno messo in evidenza, tramite i loro interventi, sia le problematiche presenti nei territori provinciali, sia le difficoltà rilevate nell’approcciarsi a criticità tecniche per trovare soluzioni adeguate ed evolute. Molteplici i temi trattati: dissesti e pericolosità nei territori interessati dal sisma dell’agosto 2016, l’erosione costiera, le potenzialità e criticità delle risorse idriche, la stabilizzazione dei fenomeni franosi, la liquefazione dei terreni, le indagini e tecniche di monitoraggio delle cavità sotterranee, le risorse minerarie e la definizione dei valori geochimici sito-specifici.
L’ultima sessione dell’Assemblea si è concentrata sui problemi dovuti alle cavità sotterranee presenti nel sottosuolo di Roma. I lavori hanno messo in evidenza la difficoltà nella precisa individuazione e mappatura di tutte le cavità presenti. E’ stato stimato, infatti, che nei soli territori dei quartieri Casilino e Prenestino, la lunghezza dei reticoli caveali supera i 600 km, con la conseguente impossibilità di prevedere la completa messa in sicurezza di tutta l’area.
La proposta avanzata dai geologi esperti è stata quella di procedere ad una mappatura più completa e dettagliata possibile per caratterizzare il fenomeno in funzione del grado di pericolosità ed individuare conseguentemente le priorità di intervento.